Ma, esattamente, cosa spinge una persona a fare volontariato?
Invece che trascorrere il proprio tempo in maniera costruttiva, come per esempio fare un corso di mandarino, imparare a lavorare all’uncinetto o frequentare una scuola di pasticceria, cosa spinge un individuo al giorno d’oggi a farsi il mazzo in un ambito che oltretutto non è retribuito?
Fama?
Gloria?
Sadismo?
No…solo un gran cuore…e diciamocelo, anche un grande fegato.
Perché avere a che fare con le persone, alcune persone, è difficile, specialmente quando a fare le spese di un’ignoranza devastante sono sempre i più deboli: conigli, cavie, topini, gatti o cani che siano.
E la verità è che è stancante, logorante. A volte sembra di combattere contro i mulini a vento, perché ne salvi 3 ma altri 10 no, e ti senti un mostro, come se la colpa di tutta questa sofferenza fosse tua.
Ci sono giornate che torni a casa con il cuore pesante, perché nonostante gli sforzi sembra sempre che vincano gli altri.
Essere volontario significa fare buon viso a cattivo gioco, anche se spesso si vorrebbe spaccare la faccia all’ennesima signora che ti contatta perché
mi sono separata e no ho più il tempo ne il posto per tenere il coniglio
Significa ricevere valanghe di mail di persone che non vogliono più il proprio animale, per i motivi più disparati: si va dalla presunta allergia comparsa misteriosamente il 14 agosto, all’arrivo in casa di un cucciolo di bracco che incredibilmente passa il tempo a inseguire il coniglio che irrimediabilmente finisce in gabbia.
“Per il suo bene sia chiaro”
O ancora al signore che dopo l’ennesimo parto della coniglia, perché sterilizzare è contro natura, si ritrova con 35 conigli e
“capite bene che la situazione è ingestibile per me”.
Perché noi siamo gli scarica barile. E siamo delle persone orribili se non aiutiamo.
Poi poco importa che abbiamo conigli in ogni angolo della casa, recinti per i porcellini d’india perfino in cucina, che giochiamo a tetris in casa nostra.
No, quello che conta è che all’ennesima richiesta di aiuto, o fantomatica tale, alziamo le mani.
Senza contare che chi gestisce le adozioni si trova davanti spesso a persone che sono contrari alla sterilizzazione/ castrazione, che come veterinario vanno dall’amico del cugino che si occupa di vacche, non tenendo conto che invece ci sia bisogno di essere seguiti da un veterinario esperto in esotici. O ancora non vogliono fare le visite di pre-affido perché
“non sapete chi sono io”
o
“non voglio estranei in casa a ficcanasare”,
deducendo quindi che l’idraulico ripari la lavatrice nel cortile e l’elettricista sistemi via remoto l’impianto di illuminazione.
E ci si sente piccini, perché non cambiamo il mondo, ne cambiamo forse un decimo.
Ma allora perché facciamo i volontari? Perché tutto questo sbattimento?
Chiediamolo a Chiara, Marco, Erika, Giulia, Laura, Roberta o Patty.
Alla base c’è un amore incondizionato, una voglia di cambiare le cose, una necessità, perché la nostra è una missione.
Perché vedi proprio il cambiamento che fanno, lo sguardo da terrorizzato e timoroso diventa fiero e spavaldo, da impauriti com’erano mostrano il loro carattere e si fanno conoscere per quello che sono, come se urlassero “ehi, io sono questo, finalmente mi hai visto”.
Perché si sistemano dei catorci, dati per spacciati per tanti, ma non noi.
E la soddisfazione più grande è quando a distanza di tempo gli adottanti ti mandano le foto e vedi questi lapini fieri e tronfi, soddisfatti e felici.
E allora capisci che il gioco vale la candela.
Sempre.